09/07/08

"Vento Divino"

Titolo: Vento Divino - la vera storia dei kamikaze
Autori: Rikihei Inoguchi Tadashi Nakajima, Roger Pineau
Editore: Longanesi & c.


"Finalmente anche io sono diventato un membro del corpo speciale di attacco Kamikaze. La mia vita sarà finita entro i prossimi trenta giorni. Verrà la mia ora! La morte e io stiamo aspettando.
Qual è il dovere di oggi? E' quello di combattere
Quale sarà il dovere di domani? Sarà quello di vincere
Qual è il dovere di ogni giorno? E' quello di morire"
Guardiamarina Eiichi Okabe, 22 Febbraio 1945


"Il valore della vita, nei confronti dell'assolvimento del proprio dovere, ha il peso di una piuma". Nella tragica levità di questo proverbio, così intensamente giapponese, è racchiuso lo spirito dei kamikaze, i piloti del Sol Levante che aderendo al codice del Bushido, negli ultimi mesi della seconda guerra mondiale, quando il loro paese era allo stremo di fronte alla soverchiante potenza nemica, andarono a schiantarsi con i loro aerei contro le navi americane. l termine kamikaze significa "vento divino", e furono così chiamati gli uragani che, nel 1274 e 1281, distrussero le flotte di invasione dei mongoli nelle acque prospicenti le coste giapponesi. Tuttavia, il concetto di pilota-suicida non è nato in Giappone. L'idea di mandare velivoli carichi di esplosivo a infrangersi contro le navi nemiche era già stata ventilata in Italia nel 1935 all' inizio della guerra d' Etiopia (quando gli inglesi inviarono la home fleet nel mediterraneo a scopo intimidatorio), ma non ebbe poi effettiva applicazione. Inoltre, fra il '40 ed il '43, esempi di totale dedizione al dovere, spinta  fino all'estremo sacrificio, videro protagonisti alcuni uomini della marina e dell' aviazione italiana. Ma si trattava di episodi legati a reazioni personali di fronte a circostanze eccezionali. Nel caso del Giappone, per la prima volta, degli uomini furono comandati di andare in battaglia con un solo obbiettivo: provocare il maggior danno possibile mediante la propria morte. Quel suicidio collettivo pianificato e messo in atto, pur se volontario, fu il frutto di una una forma coercitiva dovuta alla formazione mentale e all' annullamento della personalità tipici dell' educazione militare e sociale giapponese. Gli attacchi kamikaze, che suscitarono anche nel nemico un sentimento di rispetto misto a pietà, ebbero inizio nell' Ottobre 1944, subito dopo l' invasione americana delle Filippine, e culminarono nello strenuo tentativo di difendere l'isola di Okinawa, invasa nella Pasqua del 1945. L' intensità delle missioni suicide contò, alla fine, oltre 1900 attacchi, la maggior parte dei quali ebbe luogo tra il 6 e 7 Aprile 1945, con la perdita di ben 355 aeroplani; dopo quella data le incursioni del Corpo Speciale d' Attacco si esaurirono, per la mancanza non di volontari ma di aerei.
Il volume -già edito nel 1961- spiega, anche attraverso drammatiche fotografie, non soltanto i risultati strategici dell' impiego di una tecnica di guerra così estrema, ma soprattuto i turbamenti affettivi e morali che essa indusse nei piloti, la cui età media era di ventidue anni. Le loro struggenti lettere di congedo alla famiglia, oltre a costituire una delle più fiere condanne alla crudele inutilità della guerra, sono spesso un documento di serena disperazione e di poesia:
Quali fiori di ciliegio
in primavera
lasciateci cadere
puri e radiosi

Nota: Il colonnello Rikihei Inoguchi è stato uno degli ideatori dell 'Operazione Kamikaze; il tenente colonnello Tadashi Nakajima è stato istruttore dei piloti suicidi, il comandante americano Roger Pineau, esperto del Giappone ha collaborato alla stesura del libro.

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